L'INCLUSIONE PER ADESIONE


Il modello Club Club

scuola, studenti e famiglie come piattaforma di interessi comuni all'apprendimento, al confronto e alla partecipazione.



Premessa


Il Club Club è un progetto di generalizzazione e consolidamento delle abilità sociali rivolto agli alunni della 3^ 4^ e 5^ primaria e a quelli del triennio della scuola secondaria. Al momento il progetto è in fase test in una classe 3^ primaria del Convitto Canopoleno di Sassari e fa riferimento alla piattaforma creata ad hoc www.clubclub.it. ll Club Club nasce per iniziativa di un genitore di un alunno con bisogni speciali: un bambino con autismo ad alto funzionamento che è riuscito a coinvolgere nel suo Club tutti i suoi compagni di classe, tutti i genitori, gli insegnanti di sostegno, gli educatori del doposcuola e la Dirigente scolastica che ha dato spazio a questa sperimentazione. Il modello stimola lo sviluppo e il consolidamento di un sistema di relazioni all'interno del quale trovano spazio tutti i soggetti che contribuiscono o hanno responsabilità educative nei confronti di bambini tra 8 e 12 anni, gli stessi compagni di classe, i loro genitori, gli insegnanti, le pedagogiste e la scuola che ospita il progetto.


Le abilità sociali e la scuola


All'interno del contesto scolastico molti bambini, non solo bambini con problematiche nello spettro autistico ma anche bambini con disturbi dell’apprendimento, deficit di attenzione e iperattività, o bambini con un particolare vissuto familiare e sociale, possono avere limitate abilità sociali, capacità di gioco e di relazione e mostrano un minimo interesse al gioco e alla relazione con i coetanei. Tuttavia, quando  l'interesse c'è, molti di essi non dispongono delle competenze appropriate per avviare il gioco, rispondere adeguatamente agli inviti di gioco dei pari età, o hanno difficoltà ad imparare a giocare attraverso l'osservazione dei pari. I loro tentativi di interazione sociale possono essere goffi e immaturi e possono includere intrusioni nello spazio personale, toccare in maniera inappropriata e, in alcuni casi, sfociare in atteggiamenti aggressivi. Per molti bambini, con bisogni speciali e non, la confusione tra mondo sociale e fallimento nella modalità di interazione o nella creazione di relazioni amicali, può indurli ad evitare le interazioni personali perché subiscono l’isolamento dei pari, e pian piano si pongono in una posizione di auto isolamento o manifestano il proprio disagio con aggressività rivolta verso i pari o l’ambiente oppure si rendono protagonisti di altri comportamenti problematici.


La generalizzazione delle abilità sociali


Ogni bambino fa parte di più impostazioni ambientali, la famiglia, la scuola o altri gruppi sociali ed entra in relazione con diversi soggetti che rappresentano i suoi riferimenti nella crescita. Gli ambienti possono influenzare lo sviluppo delle competenze sociali, in modo positivo o negativo, e formare la capacità di relazionarsi con l’ambiente esterno su canali di comunicazione comuni, con modalità condivise e con reciproco interesse. Tutto e tutti possono svolgere un ruolo per influenzare lo sviluppo delle abilità sociali dei bambini e promuovere il processo di generalizzazione inteso come la capacità di trasferire e mantenere un'abilità dal contesto di apprendimento, famiglia o terapia, in un altro contesto e con altri soggetti, ad esempio a scuola con i propri compagni.

Per i bambini con problematiche legate alle difficoltà di integrazione e relazione sociale, la creazione di ponti di collaborazione, condivisione di interessi e di influenze è la condizione necessaria affinché si realizzi la generalizzazione degli interventi educativi e/o terapeutici. Ma al tempo stesso, creare ponti di collaborazione è anche il tassello più difficile da realizzare e il più trascurato nella programmazione di un percorso formativo. La generalizzazione delle abilità sociali non dovrebbe essere qualcosa di extra ma la parte centrale di ciascuna strategia e intervento rieducativo, se questo non accade ogni sforzo e ogni intervento risulta vano. 


Gli ostacoli alla generalizzazione delle abilità sociali nel contesto scolastico


Perché i programmi di generalizzazione delle abilità sociali fanno molta fatica ad essere portati avanti?

Sul piano teorico, l’importanza della generalizzazione delle competenze sociali è trasversalmente condivisa da tutti i soggetti e le organizzazioni che influenzano direttamente o indirettamente la crescita di un bambino: la famiglia, la scuola, le insegnanti di ruolo, le insegnanti di sostegno, la dirigente scolastica, i compagni di classe, i compagni di istituto, i terapisti. Tutti ne condividono l’importanza. I programmi di generalizzazione, anche se basati su solide basi medico scientifiche che definiscono le linee guida di intervento rivolte al potenziamento delle competenze relazionali, trovano però grosse difficoltà a regolare il complesso intreccio di relazioni tra tutti i partecipanti al progetto: problemi di coordinamento dei soggetti coinvolti, difficoltà di gestione dei flussi di informazioni, scarsa coerenza tra input terapeutici e azioni implementati, problemi legati alla motivazione e all’entusiasmo a partecipare e a collaborare dei bambini e degli operatori.

Altre volte, i problemi che ostacolano questi programmi sono legati allo stesso modello di progettazione e di creazione del consenso alla partecipazione.

Molto spesso, in ambito scolastico, si persegue l’obiettivo di condivisione unanime del modello di generalizzazione, già in fase di progettazione del programma, attribuendo così un vero e proprio potere di veto ai soggetti inizialmente non entusiasti alla partecipazione che impedisce la partenza del programma stesso. Considerare sufficiente una parziale adesione nella fase iniziale del programma rappresenterebbe un’alternativa più efficace, più realistica e meno complessa da perseguire, comunque sufficiente per la nascita del progetto che gradualmente potrebbe allargare la base di consenso in relazione alla reale capacità di coinvolgere e di evidenziare i benefici per chi vi partecipa e per la comunità intera.


L'approccio tradizionale all’inclusività


Il progetto Club Club propone un’alternativa all'approccio tradizionale al tema dell’inclusività. Generalmente il processo di inclusione viene attivato in maniera diretta dal nucleo sociale bisognoso di aiuto, il bambino e la famiglia, che evidenzia il proprio bisogno al contesto sociale nel quale vive. Ci si rivolge al micro contesto sociale di riferimento, quale il nucleo familiare stretto o la famiglia allargata, oppure si cerca di coinvolgere uno spettro più ampio di soggetti: i compagni di gioco, quelli di classe e di istituto, i loro genitori, gli insegnanti di sostegno, gli insegnanti curricolari, le istituzioni scolastiche. L'obbiettivo è quello di fare leva sul loro senso di responsabilità sociale e una “promessa”, un impegno morale, individuale o collettivo, affinché la comunità si impegni a creare al suo interno uno spazio che possa ospitare il nucleo sociale bisognoso.



L'approccio Club Club all’inclusività


Il Club Club propone un’evoluzione dei modelli inclusivi tradizionali. Il bambino e la famiglia, si rivolgono al loro contesto sociale di riferimento non con una richiesta di accoglienza bensì con un’offerta che intercetta i bisogni individuali dei destinatari, stimola interesse, presenta proposte, offre soluzioni, arricchisce l’esperienza sociale e professionale. Una piattaforma di condivisione sociale che può esistere anche con adesioni minime, anche solo la famiglia e qualche compagno dei classe, ma che ha l'obiettivo di  generare consenso che si allarga in maniera virale all’intera classe fino a coinvolgere l’intera scuola. Il bambino con bisogni speciali e la famiglia sostenuti dal modello Club Club diventano promotori attivi, supportati e legittimati da quanti danno la sola  adesione alle proposte e da quanti invece  vogliono collaborare al mantenimento del modello e contribuire alla crescita del campionario di offerte; alunni, genitori e insegnanti.